Onorevoli Colleghi! - Il presente progetto di legge si propone di colmare il vuoto normativo esistente in materia di sicurezza negli istituti di credito dotati di sportelli bancari e di inasprire le pene per le rapine cosiddette «improprie».
      Come è noto, la scelta delle misure di sicurezza da adottare, al fine di prevenire il verificarsi di eventi criminosi e di tutelare la sicurezza dei dipendenti e degli utenti, è di competenza di ciascun istituto bancario che, nell'ambito della propria autonomia, sceglie i sistemi di allarme e di controllo da esso ritenuti più idonei in relazione alla ubicazione e alle caratteristiche dei propri sportelli.
      L'Associazione bancaria italiana (ABI) ha avviato, dal 2003, una iniziativa con le prefetture-uffici territoriali del Governo, proponendo la sottoscrizione di appositi protocolli di intesa sui sistemi di sicurezza contro gli eventi criminosi.
      Dai dati statistici sul numero delle rapine è emerso che il solo impegno, pur se encomiabile, delle Forze dell'ordine non può essere sufficiente, se non è integrato con adeguati sistemi di difesa degli sportelli bancari. A poco o nulla, sino ad ora, sono, quindi, valsi detti protocolli di intesa per la prevenzione di atti criminosi contro le banche.
      Una situazione più volte denunciata dall'Unione generale del lavoro (UGL) - Credito attraverso manifestazioni svolte in diversi capoluoghi di provincia.
      Anche se il «rischio-rapina» è oggi - al pari degli altri rischi per la sicurezza e la salute - oggetto di valutazione e di prevenzione nell'apposita normativa di valutazione dei rischi disciplinata dal decreto legislativo n. 626 del 1994, purtroppo, il numero di eventi criminosi negli istituti bancari in questi ultimi anni tende ad aumentare in modo vertiginoso: ad esempio,

 

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nel 2004 (circa 3.000 rapine tra quelle portate a termine e quelle sventate) si è registrato un aumento delle rapine di circa il 12 per cento rispetto al 2003.
      Sempre nel 2004, secondo i dati dell'ABI, le regioni con il più alto tasso rapina sono state la Basilicata, la Calabria, la Campania, l'Emilia-Romagna, il Lazio, la Liguria, la Lombardia, le Marche, il Piemonte, la Puglia, la Toscana, la Sardegna e ben 50 sono stati i capoluoghi di provincia che hanno registrato un incremento del tasso rapina, tra i quali: Bologna +73 per cento; Massa Carrara +1.100 per cento; Potenza +300 per cento; Napoli +53 per cento; Roma +51 per cento; Bari +36 per cento; Brescia +33 per cento; Bergamo +27 per cento; Biella +400 per cento; Caltanissetta +433 per cento; Ferrara +129 per cento; Imperia +233 per cento; Siena +100 per cento; Salerno +62 per cento e Verona +20 per cento.
      Le regioni più esposte al rischio-furto (bancomat e sportelli automatici) sono state: Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna e Veneto.
      Il dato più allarmante, evidenziato anche dall'UGL-Credito, non è rappresentato solo dall'aumento del numero degli eventi criminosi, ma soprattutto dalle nuove modalità con cui questi reati vengono portati a termine. Negli ultimi anni, ai «tradizionali» rapinatori professionisti si è aggiunta una diversa tipologia di criminali, muniti di armi «improprie» come coltellini multiuso o taglierine.
      Altro aspetto importante da non sottovalutare è l'adeguamento delle misure di sicurezza all'innovazione tecnologica: secondo quanto stabilito dall'articolo 2087 del codice civile - che detta disposizioni sulla tutela delle condizioni di lavoro - l'imprenditore è tenuto a garantire la massima sicurezza in funzione di quelle che sono l'esperienza, la tecnologia del momento e la particolarità del lavoro; è tenuto quindi a porre in essere tutti gli accorgimenti e le misure necessari per evitare il verificarsi di lesioni della salute e della integrità fisica del lavoratore.
      Al riguardo, poi, l'articolo 4, comma 1, del citato decreto legislativo n. 626 del 1994 («Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto»), come sostituito dall'articolo 21, comma 2, della legge 1o marzo 2002, n. 39, stabilisce che «Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro».
      Il concetto di rischio-rapina che deve essere oggetto di valutazione da parte del datore di lavoro viene di solito individuato nella «probabilità che sia raggiunto, nelle condizioni di impiego o di esposizione di un determinato fattore, il limite potenziale di danno». Inoltre, per poter agire in prevenzione occorre che il potenziale danno sia evitabile, cioè che sia possibile impedire il verificarsi del fenomeno o quanto meno differirlo nel tempo e/o attenuarne la gravità degli effetti, nonché prevedibile, cioè che sia possibile conoscere anticipatamente il fatto lesivo.
      Questi requisiti sono certamente tutti sussistenti con riferimento al rischio-rapina presso gli istituti bancari. In effetti - come confermano inequivocabilmente i relativi dati statistici - si tratta di un fenomeno che raggiunge ampiamente (e drammaticamente) la soglia del rischio per i lavoratori bancari, oltre che di un fenomeno del tutto prevedibile e prevenibile attraverso l'utilizzazione di adeguati strumenti e sistemi di sicurezza.
      Sul piano giuridico, dunque, non vi possono essere dubbi che il rischio-rapina configuri una ipotesi di rischio che deve obbligatoriamente formare oggetto di valutazione e di prevenzione da parte del datore di lavoro bancario, ai sensi del decreto legislativo n. 626 del 1994.
      È evidente, quindi, che il dovere di tutelare l'integrità fisica dei dipendenti e degli utenti degli istituti di credito si concreta nell'obbligo sia di predisporre idonee misure
 

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di sicurezza sia di mantenerle in stato di funzionamento e di efficienza.
      A questo proposito, l'articolo 2 della presente proposta di legge attribuisce al Ministro dell'interno l'individuazione, sentite l'ABI e le organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore maggiormente rappresentative a livello nazionale, dei sistemi di controllo (porta a consenso o a bussola, guardia giurata, impianti di videoregistrazione, metal-detector, dispositivi di cassa particolari, blindatura del bancone con vetri antiproiettile e antisfondamento) e dei sistemi di allarme (collegamento con le Forze dell'ordine) tecnologicamente più moderni e adeguati a fronteggiare l'aumento della criminalità, delle misure per controllare che i singoli istituti di credito siano adempienti e, infine, delle modalità e dei requisiti tecnici per provvedere alla manutenzione degli impianti.
      L'articolo 2 stabilisce, inoltre, l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, del Comitato per la sicurezza bancaria, composto da rappresentanti datoriali, dei lavoratori e delle Forze dell'ordine. Una richiesta avanzata dalla UGL-Credito visto il perpetrarsi dell'inadempienza contrattuale da parte della stessa ABI che, ad oggi, non ha ancora provveduto, nonostante i numerosi solleciti, ad istituire la Commissione nazionale per la sicurezza ai sensi del decreto legislativo n. 626 del 1994.
      Si cerca, in questo modo, di scoraggiare tali eventi criminosi nonché di evitare che una volta ottemperato all'obbligo di installare le varie misure di sicurezza previste dal citato decreto del Ministro dell'interno, gli istituti di credito si sottraggano successivamente all'obbligo, altrettanto importante, di mantenerle in uno stato di efficienza e di funzionamento.
      Gli istituti di credito, entro un anno dalla data di emanazione del citato decreto del Ministro dell'interno, devono adeguare le misure di sicurezza esistenti alle disposizioni previste dal medesimo decreto pena l'applicazione di una sanzione amministrativa da 20 mila a 100 mila euro.
      Altra norma di rilievo è prevista dall'articolo 4: gli istituti di credito sono tenuti a predisporre, per i propri dipendenti, appositi corsi annuali di formazione sui temi della sicurezza e sulle modalità di comportamento da tenere in caso di eventi criminosi nonché sul funzionamento delle misure di sicurezza adottate.
      Con l'articolo 5 si inaspriscono le sanzioni per i reati di rapina commessi con l'uso di armi cosiddette «improprie».
      Con l'articolo 6 si vuole, infine, incentivare gli istituti di credito a investire nella sicurezza attraverso la predisposizione di servizi permanenti di sorveglianza.
 

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